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Lettera di Paolo Apostolo alla Comunità di Laodicea

[1.27] Io però vi conosco, e perciò vi dico: "Cristo, come Egli è, vuol esser povero nel mondo, ma voi volete dell'oro! Questo è il motivo per il quale voi volete aver un tempio, un giorno festivo e degli abiti ornati!".

[1.28] Voi dite che Iddio, per mezzo di Cristo Suo Figliolo, non ha revocato in alcun punto i precetti di Mosè, anzi li ha confermati meglio nell'ultima cena; dunque dovrebbe sussistere anche una cerimonia di sacrificio.

[1.29] Ma io, Paolo, vero Apostolo del Signore, eletto da Dio, sono pure colmo dello Spirito di Dio; come avviene, dunque, che lo Spirito di Dio non mi abbia mai palesato ciò, malgrado io, prima della mia vocazione, fossi stato ben più appassionato servo e schiavo del tempio, di quanto lo siate mai stati voi?

[1.30] Ma io voglio ora narrarvi: "Non appena lo Spirito di Dio mi ebbe destato, allorché io mi recavo a Damasco a perseguitare quella giovane Comunità di Cristo, io vidi anzitutto, già nella mia cecità, che il Signore vuol essere onorato ed adorato in spirito e verità, e mai in eterno in alcuna cerimonia!

[1.31] Poiché Dio non ha mai reso cieco alcuno prima di chiamarlo al Suo servizio; io, però, dovetti dapprima diventar cieco al fine di perdere tutto ciò che è del mondo, per poi divenire soltanto uno dei Suoi più umili servi!".

[1.32] Ma perché dovetti prima divenir cieco? Perché l'intero mio essere, trovandosi sepolto nella materia del servizio del tempio, ne venisse con ciò mondato!

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