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Il Governo della famiglia di Dio

La cacciata dal Paradiso

[1.13.1] E ora ritorna di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e vedi come fu l’ulteriore tragitto della loro vita corporale, e il tragitto dei loro due discendenti, davanti agli occhi onniveggenti della Santità di Jehova! E vedi, per un breve periodo, che secondo il vostro calcolo fu di trenta giri terrestri attorno al Sole, che voi chiamate ‘anni’, la coppia visse nella cerchia dei suoi discendenti benedetti, il cui numero era uguale al numero degli anni, con l’eccezione di Caino, che non era benedetto.

[1.13.2] E adesso vedi ancora quello che è successo! Adamo stava camminando nel giorno del Signore che gli era stato comandato come giorno di riposo nel suo cuore già dall’eterno Amore stesso, e poi più volte dall’angelo, in memoria delle grandi azioni dell’Amore che Si era impietosito e per contemplare con la massima venerazione l’incommensurabile Santità di Dio, il Padre buono. Adamo camminava da solo su un tratto di terreno per contemplare la bellezza della zona; e il mondo gli piacque moltissimo, così che nei suoi pensieri si allontanò totalmente da Dio.

[1.13.3] E in queste contemplazioni arrivò così alla riva di un grande fiume, il cui nome era “Eheura” ovvero “Ricordati del tempo di Jehova!”; questo infatti esclamava il fiume col suo forte rumoreggiare. Ma Adamo, concentrato nei pensieri del mondo, non notò e neanche comprese il senso di questo linguaggio dei rumoreggianti flutti del fiume.

[1.13.4] E mentre egli in tal modo stava camminando lungo la riva, d’un tratto restò impigliato col piede sinistro a una pianta che, cresciuta per un certo periodo serpeggiando sopra il terreno, finiva avviticchiata attorno a un grosso albero, ed egli cadde violentemente a terra e percepì un gran dolore nel suo corpo, e questa fu per lui una nuova sensazione; ed egli si adirò con la pianta e la guardò incollerito, e la chiamò a risponderne, chiedendo se non conoscesse il suo signore.

[1.13.5] E la pianta rispose: «No, non ti conosco!»

[1.13.6] Allora Adamo osservò più accuratamente la pianta, e non la riconobbe. Allora chiese nuovamente: «Com’è il tuo nome, e qual è la tua attitudine?»

[1.13.7] E vedi, un vento frusciò attraverso le foglie, e il fruscìo gli divenne comprensibile e suonava così: «Cogli gli acini dai miei rami e spremi il succo, e bevilo, e il mio nome e la mia attitudine ti diverranno noti!»

[1.13.8] E vedi, Adamo, nella cecità dei suoi pensieri mondani e dimenticandosi totalmente di Dio, fece quello che la pianta serpeggiante gli consigliò nel giorno del Signore. Ed egli prese alcuni acini e li assaggiò, ed avevano un sapore molto dolce; ed egli si rallegrò di questa nuova conoscenza, e si rammaricò con l’angelo perché non gli aveva mostrato anche questo frutto dal sapore tanto buono.

[1.13.9] Ed egli colse una quantità di acini e li portò a casa, e vi arrivò giusto mentre tramontava il Sole.

[1.13.10] Ed Eva gli andò incontro accompagnata da Caino, i soli che per tutto il giorno si erano preoccupati, non sapendo dove Adamo fosse andato. Tutti gli altri infatti lo sapevano bene, e non si preoccuparono nel giorno del Signore di Adamo, il padre del loro corpo; poiché essi erano figli della benedizione, e in questo giorno avevano concentrato i loro pensieri in Dio e nel Suo eterno Amore. I due gli tolsero una gran parte del suo carico, ed egli raccontò loro di questa nuova conoscenza; ed Eva ne fu molto rallegrata, e con l’aiuto di Caino fece degli acini secondo il racconto di Adamo.

[1.13.11] Allora Adamo prese il succo spremuto e disse: «Scopriamo il suo nome e la sua attitudine!»

[1.13.12] E vedi, egli allora bevve a pieni sorsi di quel succo, e lo diede poi ad Eva e a Caino, e infine lo fece assaggiare a tutti tranne che ad Abele, che non era ancora presente poiché il fuoco ardeva ancora sull’altare che egli aveva eretto per fare offerte alla Santità e all’Amore di Jehova, ciò che al Signore era molto gradito.

[1.13.13] E allora Adamo, Eva e tutti quelli che avevano assaggiato del succo divennero ubriachi; e in questa ebbrezza Adamo ed Eva, e tutti quelli proceduti da Adamo ed Eva, si accesero selvaggiamente nei desideri della carne, e insieme con Adamo ed Eva si diedero alla lussuria e alla fornicazione, mentre Abele pregava all’altare di Jehova.

[1.13.14] E quando là ebbero finito di fornicare nell’ebbrezza della dimenticanza di Dio e dimenticandosi di offrire prima a Dio i loro cuori, come era stato comandato di fare sempre e come era dovuto, l’angelo – con la spada fiammeggiante nella sua destra – apparve dapprima ad Abele, e gli disse amichevolmente:

[1.13.15] «Jehova trovò grande compiacimento nella tua offerta, tant’è vero che ti ha scelto come salvatore dei tuoi genitori e dei tuoi fratelli, senza di che essi ora sarebbero perduti nel giorno del Signore, poiché si dimenticarono di Lui e abbassarono i loro animi alla terra, e non poterono diventare partecipi della benedizione, che sempre in questo giorno, secondo l’Ordine stabilito, si diffonde dall’Alto in tutti gli spazi delle infinità!

[1.13.16] Perciò io sono ritornato visibilmente, anzitutto a raccogliere la tua offerta in questo vaso della Grazia misericordiosa, che è l’eterno Figlio nel Padre, e portarla davanti al Suo santissimo volto, davanti alla pupilla dell’eterno Padre, e prima ancora però per castigare i trasgressori della Legge dell’Amore e del Comandamento della santa Grazia, per togliere loro una gran parte dei regali, per colpirli di cecità e scacciarli dal Paradiso.

[1.13.17] E ora lascia il tuo altare delle offerte e poniti alla mia sinistra, affinché la destra punitrice rimanga libera per i trasgressori, e seguimi nella dimora del peccato! E quando io avrò svegliato dal delirio della fornicazione i peccatori addormentati, i quali colti da grande timore fuggiranno davanti alla spada della Giustizia, seguili come compagno di fuga, e porta, per i genitori del tuo corpo, una piccola parte del regalo perduto, e dalla poi a loro per rinvigorirli quando, in un paese lontano da qui che si chiama “Ehuehil” ovvero “Paese del rifugio”, essi cadranno a terra piangendo, spossati ed esausti. E anche in questo paese erigi un altare per le offerte simile a questo qui, che continuerà ad ardere anche sotto le acque che un giorno verranno su tutta la Terra, e diventerà una montagna, inaccessibile ad ogni piede mortale fino al grande Tempo dei tempi. Allora essa piegherà il capo alla bassa terra che si chiamerà “Bethlehem” (Betlemme) ovvero “la piccola città del grande Re”, la quale un giorno diventerà la più grande sulla Terra. La sua Luce infatti brillerà più che la luce degli spiriti di tutti i soli spirituali. E su questo nuovo altare tu devi portare offerte di ringraziamento al Signore, da tutti i regni (naturali) della Terra in questo paese della fuga, perché esse possano diventare commestibili per i peccatori, e rinvigoriscano i pentiti, e consolino i dolenti!»

[1.13.18] E quando l’angelo ebbe terminato il suo discorso ad Abele, essi si alzarono e andarono con grave passo alla dimora di Adamo – il cui aspetto era simile al tempio di Salomone – la quale, conforme alla sua potenza e forza, consisteva in alti cedri cresciuti liberamente dalla terra, uno strettamente vicino all’altro in forma circolare e molto allargata. Essa non era lontana dalla grotta del pentimento e dal cespuglio di spine del cordoglio, e aveva due entrate, una stretta verso il Mattino (l’Oriente), e una larga verso la Sera (l’Occidente).

[1.13.19] E vedi, era circa la metà della notte – e non poteva essere prima a motivo del giorno del Signore – quando l’angelo del Signore si affacciò con Abele alla soglia verso il Mattino.

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